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Maria Puteolana

Maria Puteolana su stampa antica
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Maria Puteolana su stampa d'epoca
Maria Puteolana su stampa d’epoca

Pochi conoscono la “leggenda” di questa donna, della quale non abbiamo una documentazione storica certa, tranne una lettera del famoso poeta Francesco Petrarca. Nel 1341, quindi, Re Roberto d’Angiò e il Petrarca visitano Pozzuoli per conoscervi  la “famosissima virago Maria, detta poi Maria Puteolana”.

Di lei quasi nulla ci è pervenuto, se non questi brani, leggende tramandate oralmente e un disegno, spesso ricopiato nelle varie epoche, da quello allegato sul libro del Capaccio (in figura) che non escludiamo sia a sua volta una copia da uno rinascimentale. Il disegno la raffigura come una donna dall’aspetto fiero e corporatura robusta, quasi mascolina. Una lorica che mostra chiaramente le forme femminili, con gonna e sottoveste, ed un elmo o cappuccio con piuma. Una spada bastarda e uno scudo decorato sono il suo armamentario.

Il poeta così descrive la nostra eroina: “Aveva destrezza insolita e rarissima, forza, età, portamento, desiderii di uomo prode; non tele ma archi – non aghi e specchi ma frecce e brocchieri usava, e nel suo corpo non baci e solchi lascivia ma ferite ed onorate cicatrici; la principal sua cura le armi. Era la prima a lanciarsi nella battaglia, ultima ad escirne; animosa nell’assaltare, pronta negli agguati, sofferente d’incredibile forza alla fame, alla sete, al freddo, al sonno, alle fatiche; onde il dormire all’aria, l’adagiarsi per terra poggiando il capo su un cespite o sopra lo scudo ed altri moltissimi disagi disfecero in breve la sua bellezza”.

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Una particolare menzione di Maria Puteolana è stata fatta a fine Quattrocento anche dallo scrittore e notaio Giovanni Sabadino degli Arienti nel suo libro di narrativa “Gynevera de le clare donne” , ed è con ogni probabilità quella a cui si è ispirato più di cento anni dopo il Capaccio.

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In la cità di Puteoli, che hora dicemo Pozuolo in campagna de Roma cità reverendissima, trovamo che li fu una femina de tanta generosa et memoranda virtù, che non pare quella tacere per splendore del nostro Gynevero, quantuncha non habiano possuto trovare il nome et origene de parenti excepto el beatissimo nome suo consequito al sacro fonte. Ma certo, sebene cogitaremo le sue opere, judicaremo essere stata de egregii et virili parenti, conciosia che ’l para che, de seme plebeo et basso, non haverebbe potuto atingere quella virtù de animo et de forze, che atinse costei, perché la clarità del valoroso sangue non se può inquinare se qualche caligine de extrema sorte infonde in quello pessimi costumi de parenti, quantuncha le più volte se vede de plebesca fecia surgere valoroso animo et alto ingegno.

Questa femina duncha fu chiamata Maria Puteolana, la quale fu strenua de forze et de effigia più presto grande che mediocre; fu de poche parole, ma virile et prudente. Non era grande mangiatrice, et non bevea se non aque vive. Ebbe in sè ornamento grande de virginità et animo disposto sempre ad cose alte. Conversava continuamente cum gli homini armati, et specialmente cum quilli che haveano strenuo et prestante core. Mai d’alcuno fu contaminata, et non meno per paura de lei, che per reverentia li era portata, perchè le savie donne, che hano l’animo invicto de li lassivi parlari et risi et libidinosi pensieri et de vaghegiamenti de gli homini, sono habiute in reverentia et timore; et quando pur da la fortuna sono le forze de pudicitia contractate per moltissimi modi, sono certo invano per le narrate rasone. Era costei perhò più presto de corpo dedicato a l’arme, che a la pudicicia; pur in lei fu summa virtute de ornamento virginale. Fu doncha più acta et disposta a l’arme, che ad ornamento muliebre per modo che molti desideravano combatere cum lei a piedi et a cavallo, et combatendo erano da lei superati. Era cero de rara et inconsuetta dextreza del corpo. Non era data al tessere, a la rocha, all’aco, al fuso, né al spechio, ma a l’arco, a la faretra, al dardo et tuta a l’arme.

Costei non era nobilitata de lasivi baci et de abraciamenti de gli homini, ma illustrata de cicatrice aquisite ne le bataglie. L’animo suo fu sempre per gloria dispreciatore di ferro et di morte.

Combattea lei, come herede di guerra, cum li confinanti per defensare le iurisditione et honori de la sua patria, et quella augumentava, et non meno secondo le conditione del stato de la sua cità, che facesse Oritia Regina de le Amazone, che insieme cum Antiope sua consorte per moltissime victorie ampliò l’amazone Imperio di stato et de honori.

Alcuna volta questa Maria sola, et alcuna volta cum pochi adcompagnata, combatette cum li primici. Era costei quilli ne lo asaltare tanto prompta et audace, che nel partire de la bataglia era tarda et lenta. Presso le forze corporee havea mirabile ingegno rumare et tessere cautamente l’insidie de li nimici. Fame, sete, caldo, gelo, sonno et lassitudine cum singular pacientia sostenea. La nocte armata sotto il cielo vigilava. Quando pur volea a le membra dare riposso, in terra iacea, overo, per delicie alcuna volta refrigerarse, sopra l’erba o sopra il scudo se ponea.

In tante fatiche ultimamente, et non in longheza di tempo, di femina se fece de virtù et de ferro homo strenuissimo. Molti de quelle parte aliene venivano ad vederla per maraviglia, et alcuni per provare seco le loro forze, per virtù d’arme. In quelle parte navicando Roberto felicissimo de Sicilia, come re de gloriosa virtute, non sdegnò andare ad vedere questa valorosa donna. Dice Francesco Petrarcha preclaro poeta, che essendo andato in quelle parte per vedere li siti di Romani principi, vide costei in arme et armata come strenuo duca d’arme, intendendo de lei opere strenue de aetterna gloria. Di che, essendo lui cum Barbano da Sulmena doctissimo homo, da questa femina, tutta armata cum l’elmo in testa, fu salutato, et lui a lei rendette la salute credendo fusse proprio uno cavalliero d’arme.

Ma poi cum cenni et moti, il Petrarcha fu facto intelligente lei essere femina et non homo. Et pieno de maraviglia, cum licentia de’ superiori de la cità, andò cum alcuni altri sopra la rocha puteolana ad vederla combatere cum alcuni forti homini durati per exercitio d’arme, quali erano venuti de diverse parte del mondo per provare seco le loro forze et da lei furono domati. Poi uno giorno ella sola disarmata, trovandose avanti il templo de la cità, et suso et gioso cogitabonda andando, il Petrarcha la pregò, per prestantia del suo animo, volesse fare de le sue forzie alcuno experimento. Lei, come femina umana de animo gentile, per gratificare il Petrarcha parendoli homo degno, se fece portare uno grave saxo et uno grande palo di ferro, et l’uno drieto l’altro gettoli come lieve dardo. Questo havendo facto, disse iocosamente verso il Petrarcha et a li altri astanti, che prendesseno il trabo et il saxo, et che lo getasseno.

Il Petrarcha, pieno de stupore et maraviglia respose: essere più acto a sulivare il calamo, che simile pondo di ferro. Che dunque più de costei dire si puote de dextrezza, de forza, et de superare ogni uomo, che ’l Petrarca de vergogna se occupò per vedere il sexo femineo tanto il virile superare, dicendo, se gli occhij suoi nun fusseno stati testimonij, mai tanta cosa haverebbe creduto? Ultimamente questa bellatrice Maria, uno giorno combattendo, fu nel fianco ferrita, per la quale ferritta se moritte, havendo de lei lassato non mancho nome, laude et gloria che habia, in Grecia, Pantasilea regina de le Amazone bellatrice sucessa nel regno a le due regine Oritia et Antiope; quantuncha alcuni altri dicano morisse di comune morte.

La valorosa virtù de questa Puteollana femina habiamo, al meglio che possuto narrato ad honore del glorioso Gynevero, de le cui fronde vogliamo il nostro fronte ornare, et non cum manco gloria de le nostre lucubratione, che facesse le sue li poeti, li cavalieri, li duci e li imperatori, di lauro, di miyto, overo di querco, de loro aquisiti triunphi, imperij, stati et regni, come anchora ne ornaremo, narrando, una generosa gratitudine cum altri prestanti costumi de una illustre donna da Polenta, che fia infrascriptamente benigna intelligentia..

Di lei scrive anche il Capaccio nella sua guida: “Vera antichità di Pozzuoli, Napoli 1607″:

“Nelle guerre civili della sua patria andò vestita sempre da uomo e da soldato, e maneggiò con tanto valore l’armi che si era fatta a tutti formidabile. Dormiva quasi sempre in campagna, armata, pazientissima del freddo, del caldo e della fame, stimando in ogni tempo più soave ristoro il terreno, che la morbidezza dei letti, e per ornamento del capo femminile stimando più una buona celata che i ricci dei capelli o le reti d’oro. Racconta Petrarca, che andavano molti a Pozzuoli per fare esperienza del suo valore e che una volta avendo ella fatto portarsi avanti un gran sasso, e un gran palo di ferro, nessuno ardì di muoverli, mentre ella con facilità grande movea il sasso, e lanciava il palo. Ma quel che maggior gloria a tanta donna apportò, fu che fra l’armi, e fra genti armate sempre serbò intatta la sua verginità“.

Oggi, nel centro storico di Pozzuoli, è possibile osservare una via a lei intitolata.

Ebbene, neanche cent’anni dopo le vicende dell’eroina puteolana, in Francia divennero ben più memorabili invece le vicende della Pulzella d’Orléans, ovvero Giovanna D’Arco, la leader donna, vittoriosa, contro le invasioni inglesi. Sembrerebbe impossibile che l’eroina puteolana abbia potuto ispirare quella francese, tuttavia le leggende, soprattutto in antichità, correvano veloci.

 


  • Raffele Giamminelli – Pozzuoli: luoghi, storie e personaggi, 1994
  • Giulio Cesare Capaccio, Vera antichità di Pozzuoli, Napoli 1607
  • Francesco Petrarca, Epist. IV. Lib. V De rebus fami!
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