La tradizione magico-religiosa del Monte Gauro

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Un breve excursus storico-letterario per far luce su alcuni enigmi su uno dei luoghi più misteriosi dei Campi Flegrei

 

Introduzione

Il cratere del Gauro è diviso in tre versanti che circondano la piana centrale detta “Campiglione”: Monte S. Angelo è quello occidentale, Corvara quello settentrionale, e Monte Barbaro quello meridionale. Ritrovamenti archeologici datano la presenza umana nella zona a partire dal XV sec. a.C.

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Una misteriosa ricerca durata una intera vita

Si dice che don Angelo d’Ambrosio, fin dall’età giovanile, fosse aduso a compiere faticose salite verso le cime del Gauro;…forse che volesse imitare l’ascesa al Monte Ventoso di petrarchesca memoria per vagliare la sua vocazione, o piuttosto, da buon conoscitore di antichità flegree, fosse alla ricerca di qualcosa di misterioso?

 

Un luogo oggetto di numerose leggende

Una cosa è sicura: il cratere del Gauro, con le sue zone selvose ed i numerosissimi anfratti rocciosi più o meno nascosti, è divenuto, nel corso dei secoli, il luogo ideale per ambientare numerose leggende.

Lo studioso dei Campi Flegrei Rosario di Bonito, ha raccolto tali leggende in un articolo intitolato “Il monte Barbaro tra il Graal ed il Venusberg”.

Il vescovo Corrado di Querfurt, nel XII sec., narra di aver visitato una città sotterranea, situata nelle viscere del Monte Barbaro, ricca di tesori custoditi da esseri terribili. Tale narrazione può, forse, essere collegata al leggendario popolo dei Cimmeri che lo storico Eforo di Cuma afferma che abitassero in gallerie sotterranee nei pressi del Lago d’Averno. Entrambe le narrazioni fanno riferimento a luoghi ipogei collocati al di sotto del Gauro o nelle sue immediate vicinanze.

 

Il Gauro e il Venusberg

Sempre nel corso del Medioevo, l’associazione del Gauro con i Cimmeri, fece in modo che il cratere flegreo fosse accostato al Venusberg, il mitico “Monte di Venere” presente in molte leggende medievali tedesche. Ricordiamo come il Venusberg era rappresentato come un misterioso luogo sotterraneo dove chiunque vi fosse giunto, avrebbe condotto un’esistenza dedita ai piaceri carnali e vi sarebbe rimasto fino al Giudizio Universale, dopo il quale sarebbe stato condannato al castigo eterno.

Questa commistione di paganesimo e cristianesimo è presente anche in un’altra leggenda medievale, secondo la quale, dopo la resurrezione, Cristo discende agli inferi e vi rimane per tre giorni. Nel risalire dal grande abisso, il Redentore suggella il regno dell’ade proprio con la roccia del Monte Barbaro.

Ritroviamo la collina flegrea, anche in una delle tante narrazioni medievali incentrate intorno alla ricerca del santo Graal riportata dalla trecentesca “Cronaca di Partenope”: il poeta Virgilio, considerato nel medioevo un mago ed un sapiente, trova in una misteriosa città sotterranea, situata nelle viscere del Monte Barbaro, la tomba del filosofo Chironte che custodisce, oltre alle spoglie mortali del saggio, anche un misterioso libro fonte di una conoscenza arcana riservata a pochi ed illuminati eletti. Il libro misterioso di Chironte può essere considerato come una delle molte forme del santo Graal.

Dunque, l’amena collina flegrea, definita nelle Satire di Giovenale come “inanis Gaurus”, viene ad acquisire nel Medioevo una sorta di aura magico-misterica.

 

Petrarca

Successivamente, durante l’Umanesimo, Petrarca, scrivendo al cardinal Colonna afferma che il monte Barbaro con le sue radici tocca l’Inferno. In tal modo il grande poeta sembra recepire le leggende medievali legate ai luoghi ipogei del Gauro. Il testo petrarchesco è contenuto in una delle epistole “Ad familiares”.

 

Tra Cinquecento e Settecento

Tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, Scipione Mazzella scrive un libro intitolato “Sito, et antichità della città di Pozzuolo, e del suo amenissimo distretto”. In tale opera il Gauro viene definito come un “monte tutto sassoso e incolto” a causa dei molti incendi patiti negli anni e si dice che per questo motivo il suo nome fu mutato in Barbaro. Riferendosi al cratere flegreo, Mazzella parla di di “oscurissime grotte”, quasi tutte crollate, esplorate da incauti visitatori che convinti di trovarvi preziosi tesori il più delle volte “vi lasciano la vita”. Tale testimonianza può, forse, essere considerata una eco di Strabone il quale affermava che il territorio tra il Gauro ed il lago d’Averno è ricco di gallerie scavate dagli antichi minatori Cimmeri.

La tradizione ctonia del Gauro continua ed agli inizi del Settecento, Gaspare Paragallo nella “Istoria naturale del Monte Vesuvio” afferma che il nome Barbaro, forse, ebbe origine dal fatto che i Saraceni, durante le loro incursioni nella zona, erano usi dimorare nei suoi anfratti e in più ci informa che il monte sorge in un sito ricco di minerali.

Tuttavia, fin dall’antichità il cratere del Gauro si caricò di significati magico-religiosi…

 

Indietro nel tempo

Tralasceremo volutamente la trattazione relativa al santuario di Hamae (su cui già ci soffermammo in uno specifico articolo presente sempre all’interno di questo stesso sito) ed alla battaglia del Monte Gauro del 342 a. C. (che sarà oggetto di un nostro futuro articolo) e focalizzeremo l’attenzione su un episodio, forse poco noto, della seconda guerra punica.

Lo storico latino Tito Livio, nella sua opera intitolata Ab Urbe Condita, nei libri XXI-XXX, narra della seconda guerra punica combattuta tra Roma e Cartagine dal 218 al 202 a.C.

Come molti sapranno, uno degli episodi più importanti di tale guerra fu la battaglia di Canne del 216 a.C.

Dopo Canne, numerose città italiche passarono dalla parte di Annibale poiché egli si presentava come il liberatore dal dominio di Roma. Tra queste città italiche la più importante era Capua. Annibale pose il suo quartier generale proprio a Capua in attesa di aiuti da Cartagine. Ma qui l’esercito cartaginese finì per passare ben cinque anni, dal 216 al 211 a.C., tuttavia non senza tentare di impadronirsi del ricco litorale campano.

Proprio in tale contesto storico, il dittatore romano Quinto Fabio Massimo è costretto ad intervenire, precisamente nel 215 a.C., per rafforzare le mura della città di Pozzuoli onde evitare che Annibale se ne impadronisse (Livio XXIV,12).

Alla fine Annibale desiste dal suo progetto di conquistare Pozzuoli non senza però prima aver messo a ferro e fuoco l’intero litorale fino a Cuma. Livio stesso ci dice che proprio in quei giorni, mentre sta decidendo se cingere d’assedio Pozzuoli, Annibale si reca a compiere un misterioso sacrificio nei pressi del lago d’Averno e pare anche a consultare un misterioso oracolo sibillino. Secondo Parke, l’oracolo consultato dal condottiero cartaginese non poteva essere quello relativo alla Sibilla Cumana che, come riportato da Virgilio e Plinio era scomparso nel 421 a.C., forse in concomitanza della conquista di Cuma da parte dei Sanniti. Ecco che allora lo studioso fa l’ipotesi che Annibale abbia consultato l’oracolo della più antica Sibilla cimmeria di cui parlarono Strabone e prima di lui Eforo di Cuma. Tale Sibilla era l’oracolo dei morti del mitico popolo dei Cimmeri abitatori di caverne comprese al di sotto di un non meglio precisato territorio che si estendeva tra il lago d’Averno ed il Gauro.

 

Il santuario di Hamae e il bosco di Trivia

Nel 1691, Sarnelli, ne “La guida de’ forestieri”(pp.115-116), scrive che “Vicino Cuma tre miglia colloca Tito Livio la Sacra Selva di Hami (Hamae), Sacer locus appellato dagli antichi. Era detta selva col tempio sopra l’alto monte vicino a’ bagni di Tripergola da un miglio e mezzo, il qual monte oggi vedesi da ogni lato coverto di rovine di antiche fabbriche…

Un alto monte nei pressi di Tripergole?…..Forse il Gauro…e quale altra cima se non il maestoso Gauro che domina il golfo di Pozzuoli?

La sacra selva di Hamae?….Forse il bosco di Trivia di cui ci parla Virgilio, la tenebrosa selva che circondava i luoghi nei dintorni dell’Averno e che fu distrutta da Agrippa?

Ancora una volta la tradizione ctonia del Gauro e dell’Averno si fondono insieme…Sul Gauro doveva ergersi il santuario di Hamae e probabilmente il tempio di Apollo descritto da Virgilio presso il bosco di Trivia andrebbe collocato proprio sulle cime del Gauro. Non dimentichiamo infatti che Trivia è Diana, sorella di Apollo.

 

Iuno Gaura

La trattazione delle valenze magico-religiose del Gauro non sarebbe completa se dimenticassimo che è attestato nella zona un culto dedicato a Giunone Gaura testimoniato da varie antiche iscrizioni tra cui CIL X, 3783 ed ILS 6303. Forse che è possibile azzardare l’ipotesi che tale culto pagano si praticasse nel santuario di Hamae?

 

Il Gauro e Cristo

La tradizione religiosa del Gauro continua durante l’epoca cristiana e si arricchisce di nuovi significati.

Il già citato Mazzella afferma testualmente: “Ove si vede Tripergola, e il bagno dell’Arco, e il bagno di Raniero, e il bagno vecchio di Tripergola, vi è il monte di Christo, così nominato, secondo il volgo perché dicono che Christo, nostro redentore, nel tempo che resuscitò da morte in vita, e scese nell’Inferno a liberar l’anime de’ Santi Padri che stavano nel Limbo, nel passare poi che fece dall’Averno, cioè dall’Inferno, con le squadre de’ Santi Padri, pigliò detto gran monte, e otturò la bocca dell’Inferno, e per questo vogliono alcuni, che si chiami monte di Christo…”

Forse che la narrazione del Mazzella recepisce tradizioni più antiche, tenendo conto del fatto che uno dei versanti del Monte Barbaro è chiamato Monte di Cristo o del Salvatore per la presenza di una chiesa medievale dedicata proprio al Salvatore?

Concludiamo questo breve excursus ricordando la presenza del culto di San Michele Arcangelo attestato da una chiesa, prima romanica e poi barocca, presente sulla cima del Gauro denominata Monte S. Angelo. Tale culto, portato forse da monaci greci tra il VI ed il IX sec., si diffuse rapidamente nelle nostre contrade e fiorì molto al tempo dei principi longobardi di Capua che dominarono Pozzuoli tra il 1027 ed il 1058.

 

Bibliografia parziale
  • D’Ambrosio, Le chiese del Monte S. Angelo a Pozzuoli
  • Di Bonito, Il monte Barbaro tra il Graal ed il Venusberg
  • Heurgon, Capoue preromaine
  • Salmon, Il Sannio ed i Sanniti

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Vincenzo Casillo nasce a Pozzuoli il 01/04/1970. Laureato in giurisprudenza e baccelliere in teologia, attualmente insegna presso un liceo parificato. Porta avanti alcune ricerche del compianto A. D’Ambrosio sulle origini del cristianesimo nella zona flegrea.

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